
13 Set Conto corrente o mercati finanziari. Chi vince la sfida?
Da sempre l’italiano è amante della liquidità sul conto corrente per i motivi più svariati.
Tra i più gettonati troviamo:” Li tengo fermi non si sa mai”, “Li tengo nel conto che sono sicuri” “Almeno non li perdo”.
Vediamo adesso perchè queste frasi sono completamente errate ed emotive. Infatti con questa scelta, decidiamo di perdere certamente ricchezza diventando più poveri, più che mai in momenti come questo con l’aumento del costo della vita che erode il nostro patrimonio.
Come possiamo quantificare il costo di questo paradigma per chi lo ha applicato, preferendo l’analgesico fornito dalla liquidità al cospetto della volatilità procurata dai mercati?
Cerchiamo allora di illustrare, con dati e numeri, perché questo comportamento sia errato, dannoso, erosivo di valore per chi continua a perpetuarlo.
La prima: nonostante l’inevitabile oscillazione della performance annua:
– l’azionario globale si attesta mediamente su livelli nettamente superiori al rendimento “free risk” percepito dai più nella liquidità.
La seconda: l’inflazione (aumento dei prezzi ) è stabilmente più alta rispetto al tasso medio con cui è remunerato il cash.
Se i prezzi aumentano ma il tuo patrimonio non aumenta, diventi più povero.
In media, nella serie storica considerata il rendimento reale del mercato azionario mondiale è stato pari al 6,78% mentre l’inflazione media è del 1,90% (toccando livelli come quello attuale di oltre l’8%!)
Immaginiamo di avere 3 fratelli e di aver allocato la stessa somma di denaro nel 1996 nelle tre asset class considerate: Andrea investe 100.000 euro nell’azionario globale, Matteo in obbligazioni globali e Luca lascia la stessa somma di denaro in conto corrente.
Dopo 25 anni, la situazione è la seguente:
-Andrea ha accettato un pò di volatilità in più ma è stato ripagato in maniera eccelsa dalle migliori aziende al mondo, ha sfruttato la loro crescita e i loro utili.
-Matteo è stato più prudente ma ha almeno investito nel mercato obbligazionario proteggendo il suo patrimonio dall’inflazione e sfruttando i rendimenti del mercato globale.
Luca, che ha preferito stare fuori dai mercati posizionandosi sulla liquidità, non ha solo perso il confronto con Andrea e Matteo che hanno optato per l’investimento nell’economia reale
Luca ha altresì perso potere d’acquisto, erodendo patrimonio alla luce dei tassi reali negativi che hanno caratterizzato in media gli ultimi 25 anni. Luca non è solo meno ricco di Andrea e Matteo, è semplicemente più povero pure di se stesso.
-Andrea ha 813.000 euro
-Matteo ha 302.000 euro
-Luca ha 100.000 ( che ai prezzi attuali valgono circa 64.000)
Vi rendete conto della differenza?
Il catenaccio, il “primo non prenderle” con cui Luca si è mosso non ha dunque pagato, anzi.
L’investimento finanziario è figlio della scelta di canalizzare il proprio risparmio (o una sua frazione) in qualcosa di estremamente concreto: in aziende, in persone, in progetti che mediamente continuano a crescere e a produrre benessere per sé e per gli altri.
Perché ad essere troppo difensivisti, si finisce per perdere sempre con certezza.
Buona salute finanziaria.
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